Parlare di sostenibilità, oggi, sembra quasi scontato, ma non lo è. Il termine racchiude un atteggiamento lungimirante che richiede, da parte delle aziende, una visione progettuale completa capace di tenere conto del rispetto ambientale come di un atteggiamento virtuoso nei confronti delle persone che fanno parte dell’intero processo produttivo. Un puzzle complicato, quindi, formato da tanti tasselli che occorre costruire nel tempo. Italian Leather Company, come spiega Ilaria Spadacenta quando racconta l’origine del brand, ha promosso prima di tutto Made in Italy e trasparenza come valori aziendali: due importanti tasselli del “puzzle sostenibilità”. Approfondiamo il tema, quali sono le operazioni che ILC ha attivato riguardo alla sostenibilità? Da subito – spiega la Managing Director dell’azienda – ho voluto fortemente dotare ILC di una certificazione sicura e ottenuto la ISO 9001:2015, la norma internazionale per i Sistemi di Gestione per la Qualità (SGQ) pubblicata dall’ISO (International Organisation for Standardization). Si tratta del più famoso standard riconosciuto a livello internazionale che dimostra che un’azienda è in grado di raggiungere significativi miglioramenti in termini di efficienza organizzativa e di qualità del prodotto minimizzando sprechi, evitando errori e aumentando la produttività.La cosa che ho trovato interessante e costruttiva per l’azienda, vivendo in prima persona il periodo che ha preceduto l’ottenimento della certificazione, è stata constatare che rispondere ai requisiti necessari significava, prima di tutto, trasferire all’intero staff aziendale un sistema di lavoro razionale. La richiesta della certificazione è stata per me importantissima fin dall’inizio della nostra attività, per questo ho sempre partecipato alle riunioni organizzative, tanto che quando abbiamo avuto la prima visita di un ispettore dell’ente certificatore, questo si è stupito e mi ha detto: “è la prima volta che incontro un amministratore alla riunione iniziale per la certificazione”. Per me invece essere presente era fondamentale: avevo capito che quella era la strada giusta perché tutti i collaboratori cogliessero l’opportunità di apprendere una modalità di lavoro scevra da perdite di tempo e inutili complicazioni. Ci è servita per creare un sistema: da quel momento, la gestione di un ordine, un reclamo o un ritardo non è più stata fonte di perdita delle energie interne.L’obiettivo di una certificazione è anche quello di comunicarlo all’esterno, giusto?La prima spinta, ripeto, è nata dal mio costante “voler mettere la faccia” in tutte le scelte aziendali, non mi interessava poter mettere il logo della certificazione e basta. Se dietro al logo, infatti, non c’è la sostanza del cambiamento credo che sia inutile. Poi certo, in seconda battuta, è importante farlo sapere al cliente: le nostre cartelle colore, infatti, sono sempre completate dall’informazione che riguarda la certificazione e i suoi continui rinnovi. Ogni due anni, infatti, l’ente richiede tutte le pratiche per il rinnovo e si attiva con le indagini necessarie: non è una passeggiata, ogni volta, comunque, te la devi giustamente “rimeritare”. E ora guardiamo avanti: il mio obiettivo per il prossimo futuro è di impegnarci per ottenere nel 2021 un’altra certificazione a cui tengo molto, più specifica del nostro settore rispetto alla ISO, la LGW (Leather Working Group). Il protocollo LGW, infatti, è uno strumento per valutare le prestazioni ambientali dei produttori di pelletteria in tutto il mondo, in pratica certifica lo sforzo di un’azienda verso una produzione ecologica e una gestione sistemica della Qualità, dell’Ambiente, della Sicurezza e dell’Etica, come richiesto dalle esigenze di mercato.
SCOPRI DI PIU'La sede milanese di Italian Leather Company è situata in un bel palazzo a pochi passi dal Quadrilatero della Moda. Ci sono entrata in punta dei piedi, perché era la prima volta che mi addentravo in uno showroom dedicato alla pelle e non sapevo cosa aspettarmi. Ilaria Spadacenta, Managing Director di ILC, mi ha accolto subito con un sorriso caldo e mediterraneo, ma soprattutto senza inondarmi di informazioni, anzi. Mi ha lasciato libera di far scivolare lo sguardo e le dita tra i numerosi e coloratissimi campioni di pelle appesi lungo le pareti candide e ha cominciato a raccontare il suo brand solo in risposta alla prima domanda.Come funziona la scelta delle nuove proposte?Partiamo dal concetto che ciò vogliamo offrire con ogni singola collezione – risponde Ilaria - è una proposta semplice, particolare e unica, senza mai cedere, però, agli estremismi. Questa è la filosofia che regola lo sviluppo dei nuovi prodotti. Poi, naturalmente, bisogna tenere conto delle tendenze del momento e sono io che mi occupo della fase di ricerca: sono convinta, infatti, che questo sia l’aspetto di questo lavoro in cui entra in gioco con più forza la sensibilità femminile. Devo ammettere, poi, che è la parte che mi piace di più: mi viene istintivo seguire le tendenze del mondo della moda, le proposte degli stilisti, ma non solo, le tendenze in generale. Credo, poi, che possedere un’attrazione innata verso il nuovo, il bello, il futuro, significhi avere sempre le antenne dritte e non spegnere mai il canale della curiosità. Ci sono modelli di pellame che ho realizzato ispirandomi all’arte, per esempio, o viaggiando o facendomi stupire da un particolare paesaggio naturale. Dalla ricerca alla produzione, accompagnaci in questo viaggio:Dopo la fase di ricerca, vado in Campania, in Toscana e in Lombardia, dove ci sono aziende con cui collaboro che mi aiutano a sviluppare le idee e, una volta individuati i nuovi prodotti, trasferisco le informazioni ai tecnici che cominciano a lavorare sui prototipi. È molto importante collaborare tra noi in questa fase: insieme ai tecnici capisco concretamente cosa si possa fare e cosa no con la nostra pelle. Quando un prototipo mi piace, allora lo sviluppiamo nei diversi colori, se non mi convince resta lì, non si sa mai. A questo punto arriviamo alla fase del manufatto che – sottolinea Ilaria – non è indispensabile, ma io ci tengo moltissimo, anzi diciamo che è una mia ossessione. Penso che per i nostri clienti, cioè coloro che producono il manufatto (abbigliamento, guanti, borse e scarpe nel nostro caso) sia importante poter intravedere da subito cosa si possa realizzare con quel determinato pellame. E, in ogni caso, credo sia un aiuto per comunicare al meglio la collezione anche durante le fiere o qui in showroom.Quante collezioni producete all’anno?Realizziamo due collezioni l’anno e per ogni collezione produciamo circa 40 articoli. Bisogna considerare, infatti, che ogni articolo è disponibile in una gamma di 12 colori. Ma non è tutto: noi riusciamo anche a lavorare “su misura”. Alcuni clienti ci chiedono, per esempio, di provare a sviluppare articoli e colori diversi, che non fanno parte della cartella proposta, per essere in sintonia con il loro brand o per soddisfare, a loro volta, una clientela particolare. E per concludere, due parole sulla collezione di quest’anno per la quale ho scelto tinte classiche e RASSICURANTI, sento, infatti, che questa è la prima esigenza per ognuno di noi. Voglio dare ai clienti, insieme alle mie pelli, un segnale di positività.
SCOPRI DI PIU'Ilaria Spadacenta ama la moda, i trend, i colori. Il suo sguardo, mentre afferro le parole per fissarle sulla carta, corre avanti, anche quando racconta del passato, di come abbia conosciuto il mondo della lavorazione della pelle e della sua più grande intuizione: creare un brand.Italian Leather Company nasce nel 2015 dalla pura passione di Ilaria Spadacenta, dalla sua capacità di aver fatto conoscere, nel settore della pelletteria, la sua energia, la sua competenza e, ancora più importante, la trasparenza dell’impegno nel lavoro.Cosa ti ha portato - le chiedo – a metterci la faccia?Partiamo da quello che è successo prima di ILC, per mettere un po’ d’ordine – suggerisce Ilaria Spadacenta. Non sono sempre stata un’imprenditrice, anzi ho deciso di avventurarmi su questa strada proprio con Italian Leather Company, prima ero in tutt’altro settore, assicurativo e finanziario. Vivevo a Firenze e la società inglese per cui lavoravo mi chiese di trasferirmi a Milano e io, istintivamente, pensai: a Milano non ci andrò mai! Così decisi di cambiare tutto per rimanere a Firenze, città che adoravo e continuo ad amare. Ho iniziato così a lavorare in un buying office nel settore della moda e, dopo poco, sono stata contattata per il settore commerciale di un’azienda campana, la mia regione d’origine, una conceria con più di 60 anni di storia. Ho colto la palla al balzo: il settore mi affascinava e il nuovo lavoro mi dava, di nuovo, la possibilità di viaggiare. Ho iniziato in sordina, ma ho intuito subito che, proprio grazie ai viaggi e alle nuove reazioni, dalle Filippine alla Russia fino alla Svezia, potevo entrare in contatto con i clienti di tutto il mondo e aprirmi a nuove culture. Questo periodo mi ha davvero formata e la mia intraprendenza è stata notata dal capo che mi ha spinto a espormi sempre di più: stavo diventando l’immagine dell’azienda. Le difficoltà sono cominciate quando la gestione dell’azienda, a volte troppo spavalda, rischiava di essere imputata a me. Da qui ho capito che per me, la cosa più importante era rispondere con verità ai clienti, così me ne sono andata rafforzando l’idea e il bisogno di creare qualcosa che fosse in linea con il mio modo di essere e di agire. Come hai scelto il nome?La società, come dicevo, è nata proprio dal niente. Le prime riunioni le facevamo in tre a casa mia, il primo magazzino è stata l’automobile, ma ho capito che la forza di questa nuova impresa sarebbe proprio stata quella di offrire un messaggio trasparente. E il nome rappresenta con chiarezza questo messaggio, i punti salienti dello spirito aziendale: Italian, perché il Made in Italy nel nostro settore è molto importante, Leather perché trattiamo pelli e Company per rappresentare il team, la squadra. Le soddisfazioni si sono concretizzate in fretta, grazie alle relazioni che avevo costruito negli anni con la clientela. Il cliente che lavora con noi non è quello che cerca solo il prezzo buono: tra le nostre pelli, infatti, c’è altro. C’è il servizio, c’è gentilezza, c’è disponibilità, c’è un modo di fare sincero. Anche noi, come tutti, facciamo errori, nel lavoro artigianale è impossibile pensare di eliminare l’errore, ma è proprio la gestione dell’errore con il cliente che conta. La trasparenza è un valore rispetto al cliente. La mia battaglia ancora oggi è questa: l’azienda mi deve rispecchiare. Il nostro obiettivo è quello di metterci a fianco del cliente non solo per creare quello che cerca, ma per aiutarlo, dargli consigli, indirizzarlo nella scelta migliore, sviluppare prodotti su misura che corrispondano ai suoi veri bisogni. L’altro concetto importante nella relazione con il cliente è che noi trattiamo tutti nello stesso modo, clienti grandi o piccoli che siano, questa è la nostra filosofia. Un cliente negli USA poco tempo fa mi ha proprio detto: “tu per noi non sei un fornitore, sei un partner”.
SCOPRI DI PIU'L’origine di ogni proposta ILC nasce da un’ispirazione di Ilaria Spadacenta, Managing Director dell’azienda, e dal successivo scambio di idee con i reparti tecnici e produttivi. La scintilla iniziale, quindi, a cui avevamo accennato raccontando l’origine delle collezioni è un momento unico e cruciale per il brand, potremmo quasi definirlo il “Big Bang” delle pelli ILC. Gli stimoli che accendono la creatività dell’imprenditrice sono numerosi e distribuiti in ogni ambito della vita, anche nei più intimi riti quotidiani, come fermarsi a leggere un libro o ascoltare una canzone. Per capire e apprezzare ancora di più l’anima delle collezioni ILC facciamo un breve viaggio immaginario insieme a Ilaria Spadacenta e alle sue passioni.Se potessi scegliere ora, dove ti piacerebbe trascorrere un weekend di serenità? Sicuramente in Toscana – risponde Ilaria senza esitazioni. - Ho vissuto a Firenze 7 anni e mi sono trovata benissimo, per me resta la seconda casa anche col passare degli anni: è qui che andrei oggi per un piacevole weekend cittadino. Se, invece, dovessi scegliere un fine settimana nella natura, il senese e la Val d’Orcia sarebbero la mia meta. Sono paesaggi unici, di una dolcezza inimitabile, il mio motto è: Toscana forever! E per un weekend dedicato all’arte? Andrei a Roma, è la città che mi emoziona di più, rappresenta la maestosità. Restando nel mondo dell’arte, quale stile pittorico ti attrae maggiormente? Ho imparato ad apprezzare l’arte contemporanea solo negli ultimi anni, grazie a mio marito, ma il periodo che mi ha sempre affascinato è quello dell’Impressionismo. Mi piacciono i dipinti, mi perdo in quei paesaggi e la mia fantasia va oltre, supera i confini della tela. A volte immagino di poter passare una giornata accanto a un pittore impressionista, accompagnarlo nel suo cammino esplorativo con la tela sotto il braccio e fermarmi a osservarlo mentre sceglie quel particolare angolo di osservazione, magari sulla sponda di un lago. Darei anche un titolo a questo mio sogno: “a spasso con Monet”. Immagina di poter viaggiare nel tempo, in quale periodo storico ti piacerebbe essere trasportata? Da ragazza avevo una passione per l’epoca del 18°-19° secolo, avrei voluto vivere a corte, mi attirava l’idea di poter far parte di quelle ambientazioni caratterizzate da fasto e opulenza. Oggi, con la maturità, se qualcuno mi facesse scegliere, risponderei: rinascerei proprio in questi anni, non vorrei mai perdermi, infatti, il periodo che stiamo vivendo. Credo che siamo immersi in un fatto storico epocale e so che, quando passerà l’emergenza, niente sarà come prima. I segnali erano già nell’aria, ma ora sono inequivocabili: dobbiamo tutti rallentare. Ti piace leggere? Hai degli autori preferiti? Tendi ad affezionarti a uno scrittore? Oggi riesco a leggere meno di un tempo, perché la testa è piena di altri pensieri, ma un libro in corso di lettura non manca mai. Di solito scelgo in base al momento e posso alternare letture di saggi a romanzi leggeri. Leggere è un momento per sé molto importante, da difendere. In questo momento sto leggendo “La donna degli alberi” di Lorenzo Marone, un autore – napoletano come me – di cui avevo già apprezzato le opere precedenti. Ho ricevuto questo libro da mia cugina che me l’ha spedito con la dedica dello scrittore e ho capito subito che sarebbe stato il libro perfetto per questi giorni così particolari. Parla di una donna che lascia la sua quotidianità piena di sovrastrutture per trasferirsi in una casa di famiglia in un bosco e da lì comincia una nuova fase della vita. È un romanzo poetico che invita a ragionare sull’importanza della forza d’animo che ognuno possiede dentro di sé, a cercare la bellezza nei dettagli della vita e spinge a coltivare l’essenziale. Insegnamenti preziosi. “Lascio dietro di me le cose che non comprendo, quelle che non posso cambiare, lo sguardo ostile di chi non ti conosce, le bottiglie di plastica, la città piena di assenza, i cellulari che rubano il tempo. Lascio il mondo dei vincenti, di quelli che si sentono tali, il frastuono dei loro bolidi, la televisione dell’apparire, le cartacce per terra, l’auto davanti alla discesa dei disabili, il menefreghismo diffuso. Lascio l’idea che non ci si debba annoiare…” Com’è il tuo rapporto con la cucina? Ovviamente la mia cucina è “Made in Naples”, su questo non transigo. Non sono, però, una persona rigida sull’italianità, mi piace assaggiare i piatti dei luoghi dove sono, ma la mia cucina è campana. Adoro il cibo e cucinare: la cucina per me è amore e passione, come il lavoro. Ho la fortuna di fare un lavoro in cui posso esprimere tutta me stessa: ILC non vende solo pelli, vende la passione e il servizio che offriamo. Lo stesso vale per le ricette perfette che non sono il risultato solo di tecnica e ingredienti, ma dell’amore che aggiungi alla preparazione. Concludiamo con una sigla musicale? “La vie en rose” è senza dubbio la canzone che amo di più da sempre. Mi piace la musicalità francese in generale, ma questa canzone, anche solo nel titolo, rappresenta il mio approccio alla vita, rispecchia il mio modo di essere e di affrontare gli eventi. Sappiamo che ci sono situazioni in cui sembra impossibile trovare un lato positivo, ecco, in questi casi, io me lo creo interiormente.
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